“Leggere
non è una virtù, ma un'arte. È un dono elargito agli uomini dalla natura e
richiede d'essere coltivato dalla pratica e dalla disciplina”. È
quanto scrive Edith Wharton nel saggio Il
vizio della lettura (The vice of reading), uscito in Italia per i tipi
dell’editore Olibelbeg di Venezia. Un brano è stato riportato dal quotidiano La
Repubblica. Se ne consiglia l’acquisto e la lettura per
comprendere a fondo il pensiero della scrittrice statunitense. La traduzione è
di Corrado Bevilacqua.
“Il valore di un libro – scrive Edith
Wharton - è commisurato alla sua plasticità, alla sua capacità di stimolare la
mente del lettore creando nuove forme di pensiero che sono il risultato della
reciproca adattabilità fra il pensiero dell'autore e quello del
lettore. Non v'è in letteratura alcuno standard di valutazione oggettiva
del valore di un libro, poiché il suo valore dipende da quello che il lettore
riesce a trarre da esso. I migliori libri sono quelli dai quali il lettore
riesce a trarre maggior beneficio. Ciò dipende comunque dalla preparazione del
lettore”.
Per Edith Wharton “un lettore meccanico,
trarrà inevitabilmente dalla lettura di un libro minore beneficio di un lettore
preparato”. Il lettore preparato “legge un libro tenendo conto della
complessità dei problemi che la lettura del libro comporta” ed è “anche in
grado di interpretarlo”.
Edith Wharton fa poi la distinzione “fra i libri alla moda i quali attraggono i lettori che amano anche la più banale delle fiction, e libri che aiutano i lettori a riflettere su ciò che accade attorno a loro fornendo a essi i mezzi per farlo”.
Leggere, dunque, è un'arte che va praticata e sviluppata per capirsi e capire il mondo che ci circonda.
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